Forum – Albe Edizioni Milano https://albe-edizioni.com Siamo una casa editrice milanese per bambini e ragazzi Sun, 25 Apr 2021 09:44:11 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8.2 https://albe-edizioni.com/wp-content/uploads/2021/04/cropped-favicon-32x32.png Forum – Albe Edizioni Milano https://albe-edizioni.com 32 32 Interviste agli autori – Marina Mander https://albe-edizioni.com/interviste-agli-autori-marina-mander/ Tue, 07 Jul 2020 07:38:00 +0000 https://www.albe-edizioni.com/?p=2623 Dopo Antonio Iovane, è la volta di Marina Mander, autrice di “GattoNando per il mondo”. Ecco le sue risposte: 1. Dino Buzzati affermava che “Scrivere per ragazzi è come scrivere per gli altri, solo più difficile”. Concorda con questa affermazione […]

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Dopo Antonio Iovane, è la volta di Marina Mander, autrice di “GattoNando per il mondo”.

Ecco le sue risposte:

1. Dino Buzzati affermava che “Scrivere per ragazzi è come scrivere per gli altri, solo più difficile”. Concorda con questa affermazione e perché?

Certo, scrivere per ragazzi è più difficile perché le parole devono essere semplici e le costruzioni possibilmente paratattiche ma una minor libertà d’espressione viene compensata da una maggior libertà d’invenzione, è questo il bello, il gioco, il nonsense, il paradosso. I bambini hanno un meraviglioso senso dell’umorismo e non si stupiscono se l’ordinario diventa straordinario, se è sempre l’ora del tè.

2. Quando si parla di letteratura per bambini e ragazzi entrano in gioco questioni pedagogiche e addirittura etiche. Con quali modalità le introduce nel racconto?

La letteratura, indipendentemente dall’età dei lettori, dovrebbe mostrare e non dimostrare. La morale della favola, se proprio deve esserci, deve emergere dal racconto con una leggerezza tale da essere quasi impercettibile, un processo osmotico, non cervellotico. Non penso che le storie debbano essere per forza edificanti, l’importante è che offrano un altro punto di vista, una sorpresa, una scoperta sul mondo.

3. Ritiene che esista un linguaggio pertinente a bambini/ragazzi? E se sì, quale?

Anni fa ho fatto un lavoro bizzarro: mi hanno chiesto di scrivere delle sceneggiature per dei piccoli film i cui protagonisti erano i personaggi delle sorprese degli Ovetti Kinder. Ogni testo veniva poi vagliato da un team di psicologi dell’Università Cattolica di Milano perché naturalmente la Ferrero non poteva permettersi di divulgare contenuti che non fossero al 100% a prova di bimbo. Alla fine del progetto la psicologa mi chiese: ma come ha fatto? Non ha sbagliato nemmeno una parola, non ci era mai successo! Come ho fatto a usare un linguaggio pertinente? Non so, ho solo cercato di cavare un regno da un bruco…

4. Come cambia il punto di vista di un autore quando passa dalla scrittura per grandi a quella per piccoli? E quale ricerca fa dentro di sé per entrare in empatia con un giovane lettore?

In analisi transazionale si parla di stati dell’Io: Genitore, Adulto, Bambino. Se scrivo per i più piccoli mi tuffo nello stato bambino e, siccome ho buona memoria di com’ero, di cosa mi divertiva e di ciò che non mi piaceva, e siccome credo di aver imparato quello che so del senso della vita entro i dieci anni, ritrovare la me stessa di un tempo non mi è difficile, e così entrare in empatia con un universo solo anagraficamente lontano. Anzi, il mio romanzo più amato dai lettori – La prima vera bugia -, pur essendo un romanzo per adulti, ha un protagonista di quell’età. Se non fosse per la vicenda narrata, che è molto tragica, credo che anche un ragazzino potrebbe sentirsi coinvolto.

Marina Mander
Marina Mander

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Interviste agli autori – Antonio Iovane https://albe-edizioni.com/interviste-agli-autori-antonio-iovane/ Thu, 02 Jul 2020 16:45:18 +0000 https://www.albe-edizioni.com/?p=2545 Quinta puntata delle interviste ad autori/trici che scrivono sia per bambini/ragazzi, sia per adulti. Dopo tre scrittrici, Erica Arosio, Viola Ardone, Sara Bertrand e lo scrittore Daniel Di Schüler, è la volta di Antonio Iovane, autore de “Il segreto di […]

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Quinta puntata delle interviste ad autori/trici che scrivono sia per bambini/ragazzi, sia per adulti.

Dopo tre scrittrici, Erica Arosio, Viola Ardone, Sara Bertrand e lo scrittore Daniel Di Schüler, è la volta di Antonio Iovane, autore de “Il segreto di mago Bubù”, illustrato da ElleKappa. Ma Iovane è anche autore de “Il brigatista”. Come avviene, per lui, il “cambio di passo” tra generi tanto diversi?

Ecco le sue risposte.

1. Dino Buzzati affermava che “Scrivere per ragazzi è come scrivere per gli altri, solo più difficile”. Concorda con questa affermazione e perché?

È più difficile perché la semplicità è più complessa, è difficile barare, con la semplicità, vieni subito smascherato.

2. Quando si parla di letteratura per bambini e ragazzi entrano in gioco questioni pedagogiche e addirittura etiche. Con quali modalità le introduce nel racconto?

Non amo l’idea di modellare le coscienze dei bambini, mi piace l’idea di principi ispiratori all’interno dei quali i bambini possano muoversi liberamente e trovare, seppur nel piccolo, una loro strada. Amo le mille possibilità della crescita, lasciare ai bambini libertà espressiva all’interno di coordinate di massima. Quella è la stella polare, la strada per seguirla cercala tu.

3. Ritiene che esista un linguaggio pertinente a bambini/ragazzi? E se sì, quale?

Esiste il linguaggio della sincerità. Cogli adulti puoi nasconderti dietro le parole, coi bambini no, coi bambini sei nudo, i bambini sono implacabili, conviene costituirsi e sperare nella loro clemenza.

4. Come cambia il punto di vista di un autore quando passa dalla scrittura per grandi a quella per piccoli? E quale ricerca fa dentro di sé per entrare in empatia con un giovane lettore?

Io sono passato dai morti della lotta armata a un Mago che portava via il sole, il salto è stato notevole. Sono stato favorito certamente dall’osservazione dei miei figli. I miei genitori mi raccontavano la storia di un uomo detto Sergente e che guidava la barca che portava all’Arcipelago de Li Galli Eduardo De Filippo. Quando gli chiedevano qualcosa su Eduardo, lui rispondeva: “i’ dett’, e iss’ scrive”, io detto e lui scrive. Ecco, io sono stato solo un passeggero della barca dei miei figli.

Antonio Iovane
Antonio Iovane

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Interviste agli autori – Daniel Di Schüler https://albe-edizioni.com/interviste-agli-autori-daniel-di-schuler/ Thu, 02 Jul 2020 16:34:22 +0000 https://www.albe-edizioni.com/?p=2536 Quarta puntata delle interviste ad autori/trici che scrivono sia per bambini/ragazzi, sia per adulti. Dopo tre scrittrici, Erica Arosio, Viola Ardone e Sara Bertrand, è la volta di Daniel Di Schüler di rispondere alle nostre domande e lo fa con […]

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Quarta puntata delle interviste ad autori/trici che scrivono sia per bambini/ragazzi, sia per adulti.

Dopo tre scrittrici, Erica Arosio, Viola Ardone e Sara Bertrand, è la volta di Daniel Di Schüler di rispondere alle nostre domande e lo fa con la schiettezza e la semplicità che gli sono proprie.

Autore per noi di “240 battiti al minuto”, è appena uscito il suo ultimo romanzo “L’ora che il tempo dice”, ExCogita edizioni.

1. Dino Buzzati affermava che “Scrivere per ragazzi è come scrivere per gli altri, solo più difficile”. Concorda con questa affermazione e perché?

Devo fare un paio di premesse. Non scrivo libri destinati solo ai ragazzi: semplicemente vorrei che i ragazzi, in particolare, leggessero alcuni dei miei romanzi. I giovani, inoltre, non sono dei lettori dalle capacità limitate. Con Alberto (Cristofori ndr), parlavamo qualche giorno fa dei grandi russi. Credo che molti di noi li abbiano affrontati per la prima volta da adolescenti: in quell’età in cui la curiosità per la vita adulta, che si avverte prossima, ci spinge ad esplorare anche le pagine di Tolstoj o Dostoevskij. Detto questo, è evidente che considero vera la prima parte dell’affermazione di Buzzati. Le difficoltà, per me, sono sorte quando ho voluto che la voce di una ragazza raccontasse una delle mie storie. Una scelta che ha comportato una serie di problemi linguistici e stilistici che, questi sì, forse sono analoghi a quelli che deve superare chi scrive per i bambini e di cui parla Buzzati.

2. Quando si parla di letteratura per bambini e ragazzi entrano in gioco questioni pedagogiche e addirittura etiche. Con quali modalità le introduce nel racconto?

Vorrei che i ragazzi leggessero quelle mie storie che credo esprimano, in sé, certi valori. Storie… come dire… che parlano da sole. Inutile levare peana alla tolleranza o all’accoglienza, per esempio. Addirittura dannoso, come tutto quello che è forzato e quindi sentito come falso, introdurre delle pagine ad effetto solo per tramettere questo o quel messaggio. In fondo, è la lezione delle parabole evangeliche: fare di un racconto, di tutto un racconto, un esempio.

3. Ritiene che esista un linguaggio pertinente a bambini/ragazzi? E se sì, quale?

Con i miei figli non ho mai usato il bambinese. Ho sempre cercato di parlare con loro nel mio italiano più chiaro. Se dovessi scrivere un libro per bambini farei lo stesso. Eviterei periodi troppo lunghi ed esempi estranei all’esperienza infantile, ma non mi porrei altre limitazioni, soprattutto dal punto di vista lessicale. Dico sempre di amare Gadda e la precisione chirurgica della sua scrittura; spesso cito Calvino come maestro di stile. Se devo essere sincero, però, devo tanto del mio lessico a Topolino: alle parole “difficili” che qualche provvida mano infilava tra le nuvolette in cui mi perdevo a sette o a otto anni.

4. Come cambia il punto di vista di un autore quando passa dalla scrittura per grandi a quella per piccoli? E quale ricerca fa dentro di sé per entrare in empatia con un giovane lettore?

“Ogni generazione rinnova lo sguardo”, scriveva un famoso storico dell’arte. Vedere il mondo gli occhi dei giovani è una sfida. In fondo, la stessa che ci pongono culture diverse dalla nostra. Frutto di sensibilità simili alla nostra, ma che non sono la nostra. In entrambi i casi dobbiamo liberarci da pregiudizi. Non valutare come minore, inferiore o immaturo quello che per noi è nuovo oppure dimenticato. Specie quando abbiamo a che fare con i ragazzi, dobbiamo piuttosto recuperare la memoria. Ritrovare i sogni, le illusioni, i dubbi e le paure della nostra gioventù. Soprattutto, dobbiamo ascoltare. Per me, dalla parlantina sciolta e con un repertorio d’idee ormai preconfezionate, il più difficile degli esercizi.

L’unico, però, che giustifichi la mia pretesa d’essere scrittore, non importa se per ragazzi o per adulti. Salvo eccezioni, la scrittura non si riduce a narcisismo solo quando diventa attenzione agli altri.

Daniel Di Schüler
Daniel Di Schüler

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Interviste agli autori – Sara Bertrand https://albe-edizioni.com/interviste-agli-autori-sara-bertrand/ Thu, 02 Jul 2020 16:24:05 +0000 https://www.albe-edizioni.com/?p=2531 Uno scrittore che, normalmente, attende alla letteratura per adulti, trova altrettanto naturale scrivere per bambini? Partendo da questa curiosità, ci è sembrato interessante fare qualche domanda in proposito agli autori che hanno scritto per la nostra casa editrice e che […]

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Uno scrittore che, normalmente, attende alla letteratura per adulti, trova altrettanto naturale scrivere per bambini?

Partendo da questa curiosità, ci è sembrato interessante fare qualche domanda in proposito agli autori che hanno scritto per la nostra casa editrice e che scrivono anche per gli adulti, per comprendere come avviene in loro il “cambio di passo” tra un genere e l’altro.

Dopo Erica Arosio e Viola Ardone, è la volta di Sara Bertrand, autrice cilena molto conosciuta in sud America. Noi siamo orgogliosi di essere stati i primi ad aver tradotto e pubblicato in Italia un suo libro: “Album di famiglia”.

Sara Bertrand da sempre manifesta un amore e un rispetto particolari per ragazzi/e, per la loro apertura a sé e al mondo non ancora contaminata da sovrastrutture e pregiudizi. Le sue risposte (sotto trovate la traduzione!) lo dimostrano.

1. Dino Buzzati affermava che “Scrivere per ragazzi è come scrivere per gli altri, solo più difficile”. Concorda con questa affermazione e perché?

Me parece que al hablar de literatura infantil o juvenil, usualmente, echamos a andar nuestro sistema de prejuicios y malos entendidos. Entonces, pensamos que niños, niñas o jóvenes están dispuestos a tragarse libros de problemas anodinos y faltos de interés, cuando fueron ellos y no los adultos, quienes años ya, comenzaron a armar sus bibliotecas con títulos que no fueron escritos pensando en ellos precisamente. Cada vez que pensemos que un libro cualquiera puede llegar a ellos, convendría recordar a Huckeberry Finn, una novela que es parte de la literatura universal, y, no obstante, es infantil, o bien, niños y niñas se la apropiaron como se apropian de las cosas. Así es que antes de subestimarlos pensando en pequeño, recordemos un minuto que ellos tienen una relación muchísimo más abierta con el lenguaje, dicho de otro modo, están dispuestos a poner a prueba el lenguaje para que les signifique y corresponda a la realidad que quieren traducir, y esa capacidad, la de resignificar y ajustar ecualizando variables emoción-idea-lenguaje es un ejercicio que debiéramos imitar los adultos. Si no, el lenguaje deja de significar, porque transmite únicamente ideas preconcebidas y todos nuestros sistemas de prejuicios.

Así es que respondiendo a la pregunta, no, jamás he escrito para niños, niñas o jóvenes pensando que debo ajustar el lenguaje o hacerme la tonta de alguna manera. Lo mismo escribo para ellos como para los adultos.

Ho l’impressione che, parlando di letteratura infantile o giovanile, di solito mettiamo in atto un meccanismo di pregiudizi e fraintendimenti. Pensiamo che bambini/e, ragazze/e siano disposti a sorbirsi racconti pieni di problemi insignificanti e privi di interesse, mentre loro, già da anni, hanno cominciato a costruire le loro biblioteche con titoli che non sono stati scritti e pensati proprio per loro. Ogni volta che riteniamo che un libro qualunque possa fare breccia, sarebbe bene ricordare Huckelberry Finn, un romanzo che è parte della letteratura universale, e tuttavia è infantile, o meglio, i ragazzi/e se ne sono appropriati, come solo loro sanno fare. Quindi, prima di sottovalutarli pensando in piccolo, fermiamoci a riflettere sul fatto che hanno un rapporto molto più aperto con il linguaggio, in altre parole, sono disposti a testarlo, affinché li rappresenti e corrisponda alla realtà che vogliono esprimere, e questa capacità di risignificare e bilanciare le variabili emozione-idea-linguaggio è un esercizio che noi adulti dovremmo imitare. Diversamente, il linguaggio si svuota di significato, perché trasmette solo idee preconcette e tutti i nostri sistemi di pregiudizio. Quindi, per rispondere alla domanda, no, non ho mai scritto per ragazzi/e pensando di dover adeguare il linguaggio o rendermi in qualche modo più stupida. Scrivo per loro allo stesso modo come per gli adulti.

2. Quando si parla di letteratura per bambini e ragazzi entrano in gioco questioni pedagogiche e addirittura etiche. Con quali modalità le introduce nel racconto?

Esta pregunta equivale a pensar en nuestros niños, niñas y jóvenes como material humano, peones de cualquier tipo de propaganda o fanatismo. Literatura de utilidad existe y ha existido siempre; literatura “para” y abrimos un paréntesis para poner ahí todo lo que queremos inculcarles, pero el movimiento es justo el contrario: pensar en individuos, valorar sus búsquedas, su curiosidad al acercarse a una estantería, su estado de progresiva formación. Entonces, qué esperamos que los niños, niñas o jóvenes lean cuando leen no puede ser la pregunta del escritor/escritora, porque eso significaría que él o ella cree que la literatura sirve para algo, cuando su compromiso es principalmente humanista, cercano a esas búsquedas particulares que cualquier ser humano serio emprende para entender de qué materia está hecho, también existe un compromiso estético, mostrar la belleza de las cosas, iluminar espacios de oscuridad y sobre todo, introducirnos en las preguntas, cualquier buen libro es una o varias preguntas, esa larga conversación que nos coloca en el espacio de las inquietudes humanas, en sintonía con nuestra especie.

Questa domanda equivale a pensare ai nostri bambini/e, ragazzi/e come materiale umano, pedine di ogni tipo di propaganda o fanatismo. La letteratura strumentale esiste ed è sempre esistita; letteratura atta, e apriamo una parentesi, a essere infarcita di tutto quello che vogliamo inculcare loro, ma il percorso deve essere opposto: pensare agli individui, valorizzare le loro ricerche, la loro curiosità quando si avvicinano a uno scaffale, e il loro percorso di progressiva formazione. Quindi, quello che speriamo che i ragazzi/e leggano quando leggono non può essere la domanda che si pone lo scrittore/scrittrice, perché ciò significherebbe che lui o lei crede che la letteratura “serva” a qualcosa, mentre il suo scopo è <essenzialmente umanistico, vicino alle ricerche che ogni essere umano serio intraprende per capire di che sostanza è fatto. Esiste anche un impegno estetico, mostrare la bellezza delle cose, illuminare spazi di oscurità e soprattutto suscitare in noi domande – ogni buon libro racchiude una o più domande, una lunga conversazione che ci pone nello spazio delle inquietudini umane, in sintonia con la nostra specie.

3. Ritiene che esista un linguaggio pertinente a bambini/ragazzi? E se sì, quale?

El problema no es la pertinencia, sino pensar que los niños o niñas no saben, no entienden o se equivocan y tratamos esos equívocos como algo amenazante cuando el lenguaje es plástico, se transforma y resignifica porque está sintonizado a nuestro tiempo y realidad. En eso, niños y niñas, y en cierta medida también jóvenes, nos llevan la delantera, porque están permanentemente poniendo a prueba las palabras, quieren someterlas a sus interpretaciones y ese ejercicio es una práctica saludable y necesaria para la lengua. Así es que no, el lenguaje literario debiera ser el mismo para todos, adultos y niños. Ahora, si entramos en la lengua infantil, en la forma en que ellos traducen el mundo y lo interrelacionan, pues, ahí nuestra desventaja es rotunda, niños y niñas demuestran una capacidad inverosímil de relacionar lo humano y lo divino, saltan de los objetos cotidianos que lo rodean a la muerte o de la muerte a la conducta de los animales y van abriéndose espacio entre imágenes de una manera que es difícil de imitar. Su traducción de mundo es de una elegancia exquisita.

Il problema non è la pertinenza, bensì pensare che i ragazzi/e non sanno, non capiscono o sbagliano e considerare questi errori come qualcosa di minaccioso, mentre il linguaggio è plastico, si trasforma e muta di significato perché è sintonizzato sul nostro tempo e sulla nostra realtà. In questo, ragazzi/e, e in una certa misura anche i giovani, ci superano, perché mettono costantemente alla prova le parole, vogliono sottoporle alle loro interpretazioni e questo esercizio è una pratica salutare e necessaria per la lingua. Quindi no, il linguaggio letterario dovrebbe essere lo stesso per tutti, adulti e bambini. Ora, se entriamo nella lingua infantile, nel modo in cui traducono il mondo e lo collegano, ebbene, lì il nostro svantaggio è evidente, i bambini/e dimostrano una capacità incredibile di mettere in relazione l’umano e il divino, saltano dagli oggetti quotidiani che li circondano alla morte o dalla morte al comportamento degli animali e si aprono spazi tra le immagini in un modo difficilmente imitabile. La loro traduzione del mondo è di un’eleganza squisita.

4. Come cambia il punto di vista di un autore quando passa dalla scrittura per grandi a quella per piccoli? E quale ricerca fa dentro di sé per entrare in empatia con un giovane lettore?

Mi preocupación a la hora de escribir no está centrada en ajustar el lenguaje o forma escritural según el lector, más bien, intento que las palabras traduzcan fielmente la imagen que escribo, que resulten verdaderas y ese es un acto de apropiación, lograr reproducir con todos sus matices algo que aparece con mucha fuerza, pero se resiste a ser atrapado por las palabras. Así es que es una batalla campal, la imagen que resiste y uno que va detrás intentando capturarla. Es un juego y debe ser placentero, porque escribir sino sería una tortura pues no existe nada más difícil que traducir la realidad.

La mia preoccupazione al momento di scrivere non è centrata nel regolare il linguaggio o la forma a seconda del lettore, piuttosto, mi sforzo di tradurre fedelmente in parole l’immagine che voglio esprimere, in modo che risultino vere, e questo è un atto di appropriazione, riuscire a riprodurre con tutte le sue sfumature qualcosa che si manifesta con molta forza, ma resiste a essere intrappolato dalle parole. È una battaglia campale, l’immagine che resiste e uno che la rincorre cercando di catturarla. Ma è anche un gioco e deve essere piacevole, altrimenti scrivere sarebbe una tortura perché non c’è niente di più difficile che tradurre la realtà.

Sara Bertrand
Sara Bertrand

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Interviste agli autori – Viola Ardone https://albe-edizioni.com/interviste-agli-autori-viola-ardone/ Thu, 02 Jul 2020 16:14:08 +0000 https://www.albe-edizioni.com/?p=2527 Uno scrittore che, normalmente, attende alla letteratura per adulti, trova altrettanto naturale scrivere per bambini? Partendo da questa curiosità, ci è sembrato interessante fare qualche domanda in proposito agli autori che hanno scritto per la nostra casa editrice e che […]

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Uno scrittore che, normalmente, attende alla letteratura per adulti, trova altrettanto naturale scrivere per bambini?

Partendo da questa curiosità, ci è sembrato interessante fare qualche domanda in proposito agli autori che hanno scritto per la nostra casa editrice e che scrivono anche per gli adulti, per comprendere come avviene in loro il “cambio di passo” tra un genere e l’altro.

Ecco le loro risposte.

Dopo Erica Arosio, è la volta di Viola Ardone, caso dell’anno 2019 col libro “Il treno dei bambini” (tradotto in 25 lingue).

Per noi ha scritto la divertente e arguta filastrocca “Cyrano dal naso strano”.

1. Dino Buzzati affermava che “Scrivere per ragazzi è come scrivere per gli altri, solo più difficile”. Concorda con questa affermazione e perché?

Come si fa a non concordare con Buzzati? Credo che sia molto vero: la scrittura per ragazzi presuppone un uso della lingua improntato alla massima chiarezza, una capacità di costruire storie coinvolgenti e il dono raro della fantasia.

2. Quando si parla di letteratura per bambini e ragazzi entrano in gioco questioni pedagogiche e addirittura etiche. Con quali modalità le introduce nel racconto?

Cerco di non farlo: i libi che ho amato di più nella mia infanzia sono stati quelli che non volevano propinare modelli di comportamento o morali virtuose. Ho sempre detestato “La cicala e la formica”, sempre guardato con sospetto la redenzione di Pinocchio o le innumerevoli nozze finali delle storie di principesse inizialmente sventurate. I ragazzi vanno trattati con lo stesso rispetto degli adulti, sul piano letterario. Se si scrive per ammannire una storiella a scopo educativo, loro se ne accorgono. Le storie servono a incantare non a educare. Credo, poi, che la lettura sia di per sé stessa educativa, senza bisogno di altro.

3. Ritiene che esista un linguaggio pertinente a bambini/ragazzi? E se sì, quale?

Un linguaggio improntato alla chiarezza. Posso usare, anzi devo usare anche termini difficili o desueti, a patto che li spieghi nello stesso paragrafo attraverso un esempio concreto o un sinonimo. Non mi piacciono le antologie scolastiche che corredano i testi di un apparato di note. Credo che i ragazzi debbano essere messi in grado da chi scrive di desumere il significato di un termine dal contesto. O altrimenti essere spinti dalla curiosità a cercarlo sul vocabolario.

4. Come cambia il punto di vista di un autore quando passa dalla scrittura per grandi a quella per piccoli? E quale ricerca fa dentro di sé per entrare in empatia con un giovane lettore?

Non credo ci siano differenze. Forse l’unica potrebbe essere la maggiore libertà nell’usare la fantasia e la creatività, perché i lettori più giovani hanno meno pregiudizi e sono più disposti a leggere qualcosa che esca fuori dai canoni. Sono meno stratificati come lettori e quindi più aperti.

Viola Ardone
Viola Ardone

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Interviste agli autori – Erica Arosio https://albe-edizioni.com/interviste-agli-autori-erica-arosio/ Thu, 02 Jul 2020 16:09:20 +0000 https://www.albe-edizioni.com/?p=2520 Uno scrittore che, normalmente, attende alla letteratura per adulti, trova altrettanto naturale scrivere per bambini? Partendo da questa curiosità, ci è sembrato interessante fare qualche domanda in proposito agli autori che hanno scritto per la nostra casa editrice e che […]

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Uno scrittore che, normalmente, attende alla letteratura per adulti, trova altrettanto naturale scrivere per bambini?

Partendo da questa curiosità, ci è sembrato interessante fare qualche domanda in proposito agli autori che hanno scritto per la nostra casa editrice e che scrivono anche per gli adulti, per comprendere come avviene in loro il “cambio di passo” tra un genere e l’altro.

Queste le loro risposte.

Erica Arosio, autrice di “La bambina che dipingeva le foglie”.

1. Dino Buzzati affermava che “Scrivere per ragazzi è come scrivere per gli altri, solo più difficile”. Concorda con questa affermazione e perché?

In un certo senso sì. Perché devi metterti molto di più di quanto non accade con un adulto dalla parte del lettore. Quanti anni ha chi ti leggerà? Questa domanda non me la pongo quando scrivo per i “grandi”, forse quando scrivo per gli adulti scrivo soprattutto per me.

Se il mio lettore sarà un bambino, non censuro tanto i concetti, perché credo che i piccoli siano dotati di un grande intuito innocente e in più sono molto veloci, con un’immaginazione fiammeggiante. La mia attenzione è sui termini, perché i bambini padroneggiano meno parole di un adulto e faticano a seguire periodi complessi o troppo articolati. Posso raccontare qualunque storia purché con termini semplici e scrittura lineare. Il che diventa pure un buon esercizio, a prescindere.

2. Quando si parla di letteratura per bambini e ragazzi entrano in gioco questioni pedagogiche e addirittura etiche. Con quali modalità le introduce nel racconto?

Non so se etico sia il termine che userei. Sto più in basso, per così dire. Voglio raccontare una storia bella che faccia star bene il bambino e che lo faccia viaggiare, che lo prenda per mano e lo aiuti a mettersi in contatto con la sua fantasia, per volare, poi atterrare e fare quei piccoli passi per diventare grande. Può spaventarsi e quante favole sono terrificanti, l’importante è dargli poi la possibilità di sapere che un porto sicuro c’è e potrà arrivarci. Questo può essere definito pedagogico, come però dovrebbe essere qualunque altra modalità di rapportarsi con un bambino. L’adulto deve mettersi da parte senza dimenticare se stesso e soprattutto senza mentire mai.

3. Ritiene che esista un linguaggio pertinente a bambini/ragazzi? E se sì, quale?

Credo nei collegamenti intuitivi, mi piace l’idea di fornire a un bambino una valigia di idee, emozioni, possibili percorsi ma sempre lasciandogli poi la possibilità di continuare per conto suo, giocandoci e scombinando le carte. Deve poter andare avanti con la storia o tornare indietro, non è giusto dargli tutto in modo rigido e predefinito. In questo senso penso sia sempre utile che un adulto accompagni poi i più piccoli nella lettura permettendo loro di impossessarsi della ricchezza della parola.

4. Come cambia il punto di vista di un autore quando passa dalla scrittura per grandi a quella per piccoli? E quale ricerca fa dentro di sé per entrare in empatia con un giovane lettore?

Mi identifico con un bambino, cerco di vedere il mondo come lo vedrebbe lui, mi lascio anche andare a ricordi e paure dell’infanzia, che per fortuna non ho dimenticato. Ho dentro di me momenti vividissimi con emozioni forti, slanci frustrati da adulti che non li capivano. Penso al Piccolo principe e al famoso disegno del serpente che aveva ingoiato un elefante e tutti vedendolo esclamavano che bel cappello! Ecco, cerco di stare così vicina ai bambini da non scambiare mai un boa sazio per un Borsalino.

Erica Arosio
Erica Arosio

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